Ho trascorso, insieme a una amica, alcuni giorni a Leopoli, città dell’Ucraina occidentale, non lontano dai confini con la Polonia.

La città è molto bella, vivace, attiva e non si sentono i fragori della guerra, più spostata verso la Capitale Kiev e nella zona orientale. 

Eppure la guerra è nell’aria e influisce sugli umori delle persone, sulle attività quotidiane. Molti uomini, dai 18 ai 60 anni, come tutti gli ucraini, o sono stati già arruolati o forse lo saranno. Quelli che sono in città e continuano a lavorare, a progettare, a curare le proprie famiglie, sanno che possono essere reclutati prima o poi. Le donne sostituiscono queste assenze con molta dedizione mentre altre, madri spose sorelle amiche di quanti sono già partiti o di quanti lo saranno, si sono reinventate e preparano vari prodotti alimentari o vestiario per i soldati lontani.

Non ci sono voli aerei per arrivare in Ucraina perché i cieli di questa Nazione, a causa di questa folle guerra di aggressione, sono chiusi a tutti i sorvoli. Noi siamo arrivati in aereo a Cracovia, da qui in treno, per tre ore, fino a Przemysl, cittadina vicino alla frontiera polacca ucraina. Da questa città in auto di amiche ucraine fino a Leopoli. Di mezzo ci sono le lunghissime file di auto in attesa di essere controllate prima dalla dogana polacca e poi da quella, ovviamente molto più vigile, ucraina. Ci sono volute circa quattro ore per effettuare i due controlli, più di sei ore al ritorno. Noi abbiamo mostrato la nostra insofferenza a questa estenuante attesa; le nostre amiche ucraine ci hanno mostrato pazienza e calma. La loro libertà è messa duramente alla prova ma se si mantengono ancora le possibilità di movimento tra il loro Paese e l’Unione Europea dei barlumi di speranza rimangono. La pazienza e la calma con cui devono misurarsi quotidianamente le educa ad avere fiducia che la libertà piena tornerà. Tornerà, sì tornerà. 

All’Opera di Leopoli è stata collocata, all’esterno, una statua enorme di un gigante che sorregge l’edificio. Essa rappresenta Mr. Arbitrium che con la sua forza vuole raffigurare la capacità di affrontare gli eventi, come i cittadini ucraini devono affrontare una guerra non voluta. Inoltre rappresenta la speranza della pace che spezza le catene del nemico e ritorna trionfante nel cuore dell’Europa.

L’opera è stata realizzata dall’artista italiano Emanuele Giannelli e donata da enti italiani a esprimere simbolicamente e concretamente il sostegno all’Ucraina. 

Questa forza nell’affrontare gli eventi, come la guerra, l’abbiamo riscontrata nelle Religiose Ancelle della Misericordia che abbiamo visitato e che ci hanno insegnato come aiutare chi è nella sofferenza e nella necessità come tante donne con figli, di cui alcune vedove di guerra, nelle zone dei combattimenti o rifugiate in varie Città dell’Ucraina tra cui Leopoli. Queste Religiose, cittadine ucraine, fanno questa opera, come tante altre Religiose e la stessa Chiesa, con la visione del futuro. Un futuro in cui sarà necessario non solo ricostruire materialmente un Paese ma sarà necessario anche ricostruire il tessuto civile e sociale della comunità ucraina dilaniata dal dolore.

A proposito di dolore, esso ci ha pervaso facendoci restare attoniti di fronte ai lunghi filari di tombe di giovani soldati di Leopoli morti al fronte, che non trovando posto nel Cimitero monumentale della Città, sono state poste a ridosso del Cimitero stesso. Altri posti venivano preparati. Questo camposanto improvvisato è ricoperto da una fitta selva di bandiere dell’Ucraina che, sventolando, sembrano spargere i semi di questi giovani perché si trasformino presto in fiori di pace. 

Abbiamo incontrato anche le operatrici e gli operatori di una Organizzazione Non Governativa, CORE (https://www.coreresponse.org/) che di speranza e fiducia ne spargono nelle zone in cui i loro progetti di assistenza, di supporto economico, alimentare, psicologico, di incentivo alla ricostruzione laddove si è abbattuta la ferocia della guerra e ora è necessario riprendere a vivere.

Non sono mancati momenti di socialità e di gioiosa convivialità in cui sono emersi i cuori generosi di questo popolo e la bontà dei prodotti che ci hanno rallegrato e soddisfatto.

Il rientro a Roma porta con sé il dolore sincero condiviso e che permane nei nostri cuori perché avendo visto non possiamo far finta che non ci sia. E ritorniamo con la rafforzata convinzione che “la guerra è sempre una sconfitta per tutti”.

Pino Gulia. Presidente Associazione Slaves no More