L’Associazione Slaves no more si unisce all’appello delle ONG perché venga cancellato il memorandum, firmato dall’Italia esattamente 5 anni fa, con la Libia.

Tutti sappiamo l’inferno vissuto dai migranti nel loro passaggio in Libia. Sfruttamento, violenze indicibili, forme di costrizioni fino alla schiavitù non possono più essere tollerati.

Redazione Esteri Avvenire

Alzare il velo su quello che succede realmente in Libia. Con l’Italia e la Ue che non solo «chiudono gli occhi» di fronte ai crimini perpetuati contro i migranti ma «continuano ad aiutare la guardia costiera libica». Contribuendo, così, a creare «un sistema di sfruttamento, estorsioni e abusi a cui sono sottoposti migranti e rifugiati in Libia». È compatto il fronte delle Ong. Da Medici senza frontiere a Emergency – ma l’elenco delle adesioni è lunghissimo – tutte chiedono al governo italiano di revocare il memorandum, firmato cinque anni fa, con la Libia.

«Ci appelliamo al presidente Mattarella – dice Claudia Lodesani, presidente di Medici senza frontiere – affinché l’Italia torni a rispettare gli obblighi di protezione e assistenza delle persone. Presidente, dedichi un passaggio del suo discorso di insediamento a questa urgenza e chieda al Parlamento di cancellare gli accordi Italia-Libia. Intesa mai ratificata dallo stesso Parlamento, ma la cui attuazione ha creato un sistema di sfruttamento, estorsioni e abusi a cui sono sottoposti migranti e rifugiati in Libia». Per Emergency, poi, «le misure previste per consentire l’uscita legale delle persone migranti dal Paese si sono dimostrate gravemente insufficienti a garantire l’accesso ai diritti e alla protezione in maniera generalizzata, sia per la limitatezza dei mezzi, sia per l’assenza di garanzie procedurali e il carattere concessorio proprio di questi sistemi».

Per le Ong le persone intercettate in mare non possono essere riportate in Libia dove violenza e brutalità sono la quotidianità per migliaia di migranti e rifugiati. Nel novembre 2021, la missione conoscitiva indipendente sulla Libia delle Nazioni Unite ha definito queste violazioni crimini contro l’umanità.

Non solo: oggi «quinto anniversario degli accordi di cooperazione tra Italia e Libia finalizzati all’intercettamento dei migranti e dei rifugiati durante la traversata del mar Mediterraneo e al loro ritorno forzato nell’inferno libico», Amnesty international organizza un sit-in a Roma nei pressi del ministero degli Esteri. Alla manifestazione parteciperanno varie organizzazioni per i diritti umani e di ricerca e soccorso in mare, tra le quali Emergency, Medici senza frontiere, Mediterranea, Open Arms e Sea Watch. Per la Ong è tempo di agire. «Detenzione arbitraria, tortura, trattamenti inumani, stupri, violenze sessuali, lavori forzati e uccisioni illegali. Questo – sottolinea Amnesty – è l’atroce destino cui, negli ultimi cinque anni, sono andati incontro oltre 82mila uomini, donne e bambini intercettati in mare e riportati in Libia – 32.425 solo nel 2021 – grazie alla collaborazione dell’Unione Europea con lo Stato nordafricano, collaborazione in cui l’Italia è in prima linea».

«L’attuale situazione in Libia è catastrofica», racconta Mustafa, maliano che vive in Libia da diversi anni assistito da Medici senza frontiere. «Uno straniero è come un diamante insanguinato: può essere rapito per ricavarne dei soldi. Soldi per liberarlo e poi magari rapirlo di nuovo. Alcuni migranti sono morti in prigione o sono stati trattati come animali. Le loro famiglie non sanno nemmeno dove sono stati sepolti. Questa è la sofferenza di persone come me. E l’Europa sta dando strumenti per alimentare questo sistema di sofferenza».

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